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Violet

A Distraction by Jeremy Freese, 2008

Pubblicata originariamente su it.comp.giochi.avventure.testuali

TYVTWD, "Take Your Violet To Work Day"; queste sei parole riassumono in modo estremamente efficace Violet, di Jeremy Freese, l'avventura meritatamente vincitrice della IfComp del 2008. Una commedia divertente (ma non comica) scritta con penna agile e leggera, e allo stesso tempo un gioco impegnativo e appagante; il tutto condito con un paio di veri e propri colpi di genio.

Lo scopo apparentemente semplice di questa "one room" è scrivere le ultime 1000 parole di un saggio. In realtà per far ciò dovremo superare un'enorme quantità di ostacoli, tutti rigorosamente creati da noi stessi e dalla nostra scarsa forza di volontà (dipendenza da Internet, sonnolenza, mancanza di concentrazione...), eliminando tutte le possibili distrazioni che tendono ad allontanare la nostra mente da quelle 1000 parole. Questo fornisce la scusa per mettere in fila una serie di enigmi che poco hanno da invidiare al pesce babele di "Hitchhikers Guide to the Galaxy" (apprezzabilissimo, ad esempio, il puzzle per rimuovere la connessione di rete). Inoltre gli ostacoli e le relative soluzioni diventano gradevolmente sempre più "sopra le righe" con il procedere dell'avventura.

Ma la cosa più pregevole di quest'avventura è la scrittura: tutto - compresi crediti e "about" - viene narrato attraverso la voce di Violet, la ragazza del protagonista, nonostante il fatto che lei non sia veramente presente: in realtà, come viene spiegato abbastanza presto, Violet è a casa che prepara le valigie per tornarsene in Australia, ed è solo il protagonista che si immagina, per spronarsi, che lei sia lì con lui (o con lei), osservandolo/la e commentando ogni sua azione. E Violet è arguta, sarcastica, spiritosa, critica, spietata e soprattutto smisuratamente divertente.

L'implementazione è solida, ben curata, ricca e dettagliata; ad esempio รจ enorme la lista dei comandi che prevedono una risposta e spesso lo stesso comando darà risposte differenti dopo ogni utilizzo. Il gioco è abbastanza breve e, grazie anche all'ottimo sistema di hint (di cui ammetto di aver abusato), terminabile in una serata. Estremamente soddisfacente dal punto di vista narrativo quanto da quello ludico, è una piccola gemma consigliabile a chiunque.

The King of Shreds and Patches

An Interactive Supernatural Mystery by Jimmy Maher, 2009

Pubblicata originariamente su it.comp.giochi.avventure.testuali

Devo ammettere, anche con una certo rammarico, che da molto tempo non mi dedicavo ad una qualche produzione avventurosa in lingua inglese e di una certa dimensione. Così, approfittando delle ferie estive e attratto dall'ambientazione, ho messo mano questa creazione di Jimmy Maher: una storia di horror, di ispirazione lovecraftiana, ambientata nei primi anni del 1600. In poche battute mi sono ritrovato proiettato in questa Londra Elisabettiana (anche se la Regina Vergine è ai suoi ultimi giorni di vita) e invasa dalla peste, dove le vicende di un piccolo tipografo si intrecciano con quelle del Bardo in persona, con quelle di un John Dee ormai anziano e ormai quasi privato dei suoi privilegi di astrologo di corte, e a quelle di altri figuri meno famosi ma molto, molto più pericolosi.
Diciamolo subito: a mio parere ci troviamo di fronte ad un'opera destinata a diventare un classico, una i.f. paragonabile, come qualità, a storie interattive come Curses, City of Secrets o Anchorhead. Avvincente e appassionante, è stata capace di farmi tirar ora tarda per più di una serata. Inoltre, come purtroppo succede raramente, abbiamo un'avventura di vasta dimensione, con un tempo di gioco tra le 10 e le 20 ore; sicuramente inadatta per la IfComp o per altri concorsi, ma capace di dare ben altre soddisfazioni rispetto ad un gioco risolvibile in meno di due ore.

Molti sono i meriti di quest'avventura. Anzitutto, la trama, adattata da un'avventura di Justin Tynes per il GdR Lovecraftiano Call of Cthulhu, è lunga, articolata, densa di eventi e sorprese, non banale (sebbene fedele a certi stereotipi di genere). Potrei arrivare a dire che una trama del genere potrebbe trovare il suo posto anche rilegata sotto forma di romanzo, specialmente se paragonata a tanta letteratura "estiva".
Ma, più che la trama, quello che risalta è l'ambientazione che, ricca e ben dettagliata, offre un'illusione perfetta di una Londra nel 1603 forse soltanto simile alla realtà ma efficacissima agli occhi del giocatore. L'atmosfera che si respira lungo tutto il gioco è(giustamente) inquietante (sempre di più, con il passare del giorni), carica di minaccia, senza concessioni a facile umorismo, e i pochi (pochissimi) sprazzi di tranquillità servono soltanto a dare contrasto all'orrore che lentamente si svela.
Anche la scrittura, per quanto possa valutarla chi – come me – non è madrelingua inglese, è particolarmente buona, scorrevole e articolata allo stesso tempo, con qualche piccolissimo rimando all'inglese parlato nel 1600 (giusto per dare – senza affaticare il lettore/giocatore – ancora più atmosfera).
Estremamente pregevoli i personaggi: a partire dal protagonista, simpatetico senza essere banale, passando per William Shakespeare, per John Dee e tutti gli altri, e arrivando al musicista David Moore internato nel Bedlam Asylum (luogo che porta il ricordo a Slouching toward Bedlam, altra gemma pregevole del panorama internazionale), sono tutti ben dettagliati e "vivi". Gli unici che forse mancano un po' di mordente, purtroppo, sono i due antagonisti che, pur estremamente temibili, appaiono come "cattivi da film muto".
Chi, come me, ama i dialoghi con i png, poi, avrà pane per i suoi denti (mentre invece chi non li sopporta potrà rimaner deluso da questo aspetto, visto che sono molti e in gran parte necessari). Si può parlare di molteplici argomenti, spesso approfondendone alcuni più interessanti, e tutta la conversazione scorre con estrema naturalezza e senza alcuna forzatura; inoltre le conversazioni – e gli argomenti trattabili – sono influenzate dagli eventi trascorsi, inclusi ovviamente dialoghi con altri png. Il sistema di conversazione è un classico Ask/Tell (sistema a cui, mi par di notare, stanno ritornando negli ultimi anni gli autori di lingua Inglese), ma grazie alla presenza del comando Topics (che suggerisce argomenti di cui parlare), ad un paio di abbreviazioni e alla cura con cui i dialoghi stessi sono realizzati, il tutto risulta facile e comodo da usare.
Tutta l'avventura è più orientata verso la trama, verso la storia narrata, ma gli enigmi non mancano: senza svelare troppo, nel corso dell'avventura dovremmo usare i nostri macchinari di stampa, caricare pistole, guidare barche e salvare famosi autori teatrali (di cui non faremo il nome). Tutti i problemi che incontreremo sono ben contestualizzati, articolati e di giusta difficoltà, e riescono a dare a chi li risolve un senso di soddisfazione che non si può provare con l'ormai da decenni abusato "get x – use x". E se risultassero troppo difficili, il sistema di hint contestuali è sempre in grado di togliere d'impiccio i risolutori di enigmi meno abili.
Infine meritano una nota il comodissimo comando Think (che riporta un elenco degli obiettivi parziali ancora da raggiungere) e soprattutto l'eccellente (ma solo un po' troppo ingombrante, su schermi meno che enormi) mappa di Londra che, assieme al comando "go to", non solo aiuta a muoversi per i meandri della città Elisabettiana, ma soprattutto aiuta il giocatore a calarsi nei panni del giovane tipografo che, giustamente, già conosce a menadito vie e piazze.

Sull'altro piatto della bilancia troviamo solo pochi piccoli peccati veniali. L'implementazione è buona – molto buona, vista anche la dimensione gargantuesca dell'opera – ma non perfetta, e ci sono piccole sbavature (ad esempio alcuni hint permangono anche se i relativi problemi sono risolti) e piccoli errori di design (come – ad esempio – un inventario che diventa enormemente lungo, specialmente in presenza di una mappa che sottrae metà dello schermo); poi la mappa stessa risente di qualche errore in caso di undo o di caricamento di una situazione precedente, e non sparisce quando viene richiesto il menù delle informazioni. Ma come ho detto, si tratta di piccolezze incapaci di ridurre la grandezza di una grande opera.

In conclusione, lo ripeto, ci troviamo di fronte ad un capolavoro, una storia interattiva destinata – a mio gusto e parere – ad accedere all'olimpo dei classici del genere.

Metamorphoses

(Emily Short, 2002)

Pubblicata originariamente su Terra d'IF

Che a me siano sempre piaciuti i giochi di Emily Short è cosa nota, almeno per chi mi conosce. E anche l'ultimo che ho giocato, Metamorphoses appunto, non fa eccezione. Non solo; secondo me questa avventura rappresenta un boccone appetitoso per chiunque voglia cimentarsi in un'avventura scritta in Inglese, qualunque sia lo stile di gioco che preferisce.
In questo gioco l'autrice ci mette nei panni della schiava/apprendista di un alchemista rinascimentale. In questo ruolo veniamo inviati dal nostro padrone/mentore in un luogo dove dovremo ricercare i simulacri dei quattro elementi, simulacri che prendono la forma di poliedri regolari (chi ha un infarinatura di geometria potrà già notare che i poliedri regolari sono cinque, ma non aggiungerò altro). Il ritrovamento di questi elementi ci porterà al compimento dell'opera alchemica, trasformando il nostro essere da impuro a puro, liberandoci di volta in volta degli umori o temperamenti che rappresentano l'imperfezione umana; infatti ad ogni ritrovamento corrisponderà il ricordo di una scena del nostro passato e una nuova prospettiva di questo ricordo.
La nostra ricerca si svolge in un piccolo mondo, a metà strada tra il reale e il fantastico, tra il fisico e il metafisico; nella descrizione di questo piccolo mondo Emily Short dà, come al suo solito, il meglio di sè. Gli ambienti sono descritti con una prosa evocativa, suggestiva, mai pesante, ed ogni oggetto che incontriamo contribuisce a creare un'atmosfera sottile e avvolgente. La solitudine data dalla mancanza totale di png (cosa strana per la Short) acuisce la sensazione di ricerca interiore che pervade l'avventura. I molteplici finali sono a questo punto la ciliegina sulla torta, tanto per usare una frase fatta.
Insomma, chi cerca una buona narrazione, può trovare pane per i propri denti.

Ma non è tutto; per raggiungere gli oggetti cercati dovremo affrontare degli ostacoli, degli enigmi, nella migliore tradizione delle avventure "old style". E per implementare questi enigmi Emily Short ha scelto un approccio che lei definisce "simulazionistico"; ovvero, la Short ha creato, per questo piccolo mondo, un insieme di leggi che lo regolano, per cui ogni oggetto ha le sue caratteristiche (massa, dimensione, consistenza e altro ancora). E per superare ogni ostacolo non c'è bisogno, come sovente accade, di un oggetto ben preciso, ma piuttosto di un oggetto con certe caratteristiche (ad esempio per rompere un oggetto fragile basta un oggetto sufficientemente duro e pesante). Inoltre troviamo abbastanza presto due apparati estremamente peculiari e utili, in grado di cambiare l'uno la dimensione degli oggetti, e l'altro la loro sostanze.
Grazie a tutto ciò ogni problema che ci viene posto può essere risolto con diverse soluzioni, e soprattutto con diverse soluzioni logiche, senza dover provare a "leggere la mente dell'autrice". Questo implica che la risoluzione di un dato enigma non è mai troppo difficile, ma allo stesso tempo deve essere sempre ben pensata e quindi riesce a dare una certa "soddisfazione" al giocatore che supera l'ostacolo. E alla fine implica anche che chi cerca un avventura in cui poter risolvere buoni enigmi, può trovare in Metamorphoses quello che cerca.

Quindi, per concludere, Metamorphoses è un'avventura che può piacere a tutti; ovviamente a qualcuno non piacerà, ma Emily Short ha dimostrato che si può riuscire a conciliare l'aspetto narrativo con l'aspetto ludico, e scrivere un'avventura con una buona storia e con buoni enigmi.
Se proprio si deve trovare un difetto, si può dire che non è lunghissima (terminabile in un paio d'ore), come tutte le avventure scritte per l'annuale IfComp. D'altra parte per alcuni il fatto di avere un'avventura risolvibile in una sera può anche essere positiva, ma io avrei preferito qualcosa di più.

Un'ultima nota sull'approccio simulazionistico destinata agli autori: Emily Short ha anche creato una versione, chiamata "Fractured Metamorphoses", privata della trama e degli aspetti più letterali, solo per dimostrare e diffondere questa concezione di avventura; di tale versione Emily ha distribuito il sorgente.

Slouching toward Bedlam

(Dan Ravipinto & Star Foster, 2003)

Risorgimento Represso

(Michael J. Coyne, 2003)

Recensione incrociata per Terra d'IF

In questi ultimi tempi, cercando qualcosa di non troppo lungo, ho voluto provare le avventure che meglio si erano classificate nella ultimg IFComp.
Come molti sapranno, la competizione è stata vinta da Slouching toward Bedlam (StB), mentre al secondo posto si è piazzata saldamente Risorgimento Represso (RR).
Le due prestigiose posizioni, fra l'altro, sono state anche confermate dalla classifica ottenuta contando i voti degli autori. Quindi la scelta è stata facile.
Giocando quasi di seguito a queste due avventure, mi è venuto spontaneo confrontarli, e nel far ciò sono stato colpito dalle loro (poche) similitudini e soprattutto dalle (molte) profonde differenze che le rendono per molti versi complementari.

Ci vuol poco a parlare di ciò che accomuna questi due giochi. Anzitutto sono di medie dimensioni, ovviamente sono entrambi in Inglese, e altrettanto ovviamente sono due ottime avventure, sia dal punto di vista "letterario" della trama e della prosa che dal punto di vista "ludico" degli enigmi (i votanti della IFComp non hanno sbagliato le loro votazioni). Inoltre sono stati entrambi realizzati e programmati in maniera eccellente; grazie a ciò risultano "comodi" da giocare: nessuna caccia al verbo, pochissime sequenze di azioni ovvie, il parser cerca sempre di "intuire" cosa vuol fare il giocatore. In breve sono due classci esempi della produzione di I.F. degli ultimi anni. E per concludere la lista delle similitudini, entrambi includono un sistema di suggerimenti ben fatto (sullo stile degli invisiclues della Infocom), completo ed esauriente, che impedisce praticamente a chiunque di restare bloccato; quindi anche se non sono giochi facilissimi (sono entrambi di difficoltà moderata), sono accessibili anche ai meno esperti e ai risolutori meno abili.

Molte di più sono le differenze tra le due avventure. Si è molto parlato delle due "scuole" della narrativa interattiva: la scuola tradizionale, quella che vede le avventure prevalentemente come giochi e preferisce divertimento e buoni enigmi a escursioni narrative, e la scuola che vede le avventure come racconti interattivi, prediligendo gli aspetti più letterari. Ora StB è una degna rappresentante di questa corrente, mentre RR è senza dubbio molto più vicina alla corrente tradizionale. Non fraintendetemi: StB ha dei discreti enigmi, e RR è raccontata molto bene (prosa buona, trama accattivante, personaggi ben disegnati), ma le due avventure hanno chiaramente una diversa impostazione di base, una diversa "filosofia".

Differenti sono anche le ambientazioni dei due giochi. Giocando a StB ci troviamo nei panni del direttore di un istituto psichiatrico nel XIX secolo di un universo alternativo e molto "steam-punk". L'autore ci mette subito in una situazione poco familiare, abbastanza aliena, e continua a metterci di fronte elementi poco familiari, come Triage, il Panopticon e i Meccanisti. L'introduzione è molto povera di informazioni, quindi sta a noi scoprire chi siamo, cosa dobbiamo fare e cosa rappresenta questo "Logos" di cui veniamo a conoscenza. Per di più l'interpretazione di ciò che abbiamo scoperto è soggettiva, può essere vista in diverse maniere, e alla fine non esiste una verità oggettiva. Tutto questo disorienta, ma allo stesso tempo affascina. Per contro RR ci mette nei panni di uno studente universitario che passa attraverso un portale apparso sotto il suo banco per ritrovarsi nella torre dove ha la residenza il mago Ninario; dopo che avremo ritrovato i suoi occhiali (iniziando a scoprire che in questo universo buona parte della magia non è troppo diversa dalla nostra chimica), il mago si preparerà per rimandarci a casa, ma sul più bello verrà arrestato per uso illecito della magia (reato per cui verrà giustiziato e poi processato), lasciando a noi lo spinoso compito di salvarlo. Per un giocatore non completamente inesperto tutto questo è, per quanto non banale, estremamente familiare; giocando a RR ho avuoto l'impressione di trovarmi a casa.

Anche il tono con cui sono raccontate le due avventure è molto diverso. StB è una storia cupa, inquietante, simile ad un racconto Vittoriano, non c'è spazio per l'umorismo (visto che inizia in un manicomio, la cosa è anche intuibile), mentre RR, pur non essendo nè una parodia nè un'avventura umoristica, è narrata con un tono molto più leggero e brillante, da commedia avventurosa. E questo si riflette anche sui finali: StB presenta cinque diversi possibili finali, ma nessuno di questi può essere considerato un "lieto fine" (personalmente io ho preferito lasciar "vincere" il logos), mentre l'unico finare di RR è, per quando aperto, decisamente positivo.

In conclusione sono due avventure diverse, e per motivi differenti sono due avventure quantomeno da provare, anche per chi, novizio del genere, vuole giocare per la prima volta ad un'avventura in Inglese.

City of Secrets

(Emily Short, 2003)

Pubblicata originariamente su Terra d'IF

Perchè recensire proprio City of Secrets per il primo numero di Terra d'If, visto che avevo già fatto una breve recensione dello stesso gioco (assieme a Pytho's Maks) per IfItalia? Semplice, perchè ritengo non solo che City of Secrets sia una delle più belle opere di narrativa interattiva mai scritta, ma anche che sia il gioco che meglio rappresenta il futuro dell'interactive fiction. E credo, nelle poche righe scritte, di non avergli reso giustizia.
Anzitutto é un'avventura con una trama (scritta assieme al gruppo musicale Secret Secret, che aveva richiesto esplicitamente il gioco all'autrice) lunga, gustosa, articolata e non troppo lineare, con misteri da scoprire, momenti di tensione e colpi di scena; una trama che, pur non essendo originalissima e pur richiamando molti temi classici della letteratura d'azione, non risulta mai banale e noiosa. E in essa si sente molto l'influenza dei film e dei romanzi di cappa e spada tanto cari all'autrice. L'avventura vi mette nei panni di un viaggiatore il cui treno si ferma per un guasto nella Città; e nell'attesa del prossimo treno, egli verrà coinvolto in un complicato gioco di intrighi e misteri, di coincidenze reali o procurate, alla ricerca di una misteriosa donna vestita di nero, fino ad arrivare a scoprire quello che la Città nasconde.
La città é forse vero protagonista della storia. E' molto vasta, ma in modo assolutamente non dispersivo, sono pochissime le locazioni "di passaggio"; e inoltre é sempre descritta con una prosa elaborata ma sempre piacevole, con dovizia di particolari e con cura ineccepibile. Il risultato é che giocando la città sembra vera, si respira l'atmosfera "giusta", ci si sente veramente calati nello scenario. Inoltre Emily Short ha, come ormai é suo solito, ambientato la storia in un mondo diverso ed eppure simile alla nostra terra: man mano che la storia si dipana le differenze saltano agli occhi del giocatore che scopre e si rende conto del fatto che la città si trova in realtà in un mondo dove magia e tecnologia avanzata convivono. E questa progressiva scoperta é sicuramente un altro degli aspetti estremamente affascinanti del gioco.
La città poi é piena di personaggi interessanti, plausibili, ben descritti; alcuni di essi sono semplici passanti che si limitano a "far parte della scenografia", ma molti altri sono veri e propri comprimari con cui parlare. I dialoghi sono ben scritti e credibili, e ben caratterizzano i personaggi, che si mostrano vivi e veri agli occhi del giocatore. D'altronde il gioco é molto conversazionale, e l'interazione con gli altri personaggi é sempre utile, e spesso fondamentale per andare avanti.
Estremamente piacevole ed interessante é il sistema usato per gestire le conversazioni con gli altri personaggi (che é praticamente lo stesso usato in "Phyto's Mask"). Quando si inizia a parlare con qualcuno appaiono nella parte bassa dello schermo le varie frasi che possiamo dire; il gioco a questo punto non si blocca sul dialogo ma ci lascia liberi di dire una delle frasi sottostanti o di compiere altre azioni. Inoltre con il comando "topic" (o "tell ... about") possiamo passare a parlare di un certo argomento (cambiando di conseguenza le frasi proposte).
A questo si aggiunge una nutrita lista di comandi aggiuntivi (YES, NO, HOW, WHY, INSULT e altri). Il risultato finale é quello di un sistema di conversazione praticamente perfetto, a cui ci si abitua prestissimo, comodo da usare, e che unisce l'intuitività dei dialoghi a scelta multipla con la profondità del vecchio sistema "Parla a ... di ...", senza far assolutamente rimpiangere nessuno dei due.
La trama scorre fluidamente, il gioco non é mai troppo difficile ed é praticamente impossibile rimanere bloccati a lungo. Potrei aggiungere che spesso ho avuto l'impressione di uno svolgimento del gioco, nei tempi e nelle azioni, più simile a quello delle avventure grafiche che a quello delle avventure testuali tradizionali, e non ho pensato che questo fosse un male.
Certo, non ci sono enigmi difficili, qualcuno potrebbe essere contrariato da ciò; ma per me invece questo é un vantaggio, specialmente per un gioco che, come questo, é fortemente narrativo.
City of Secrets, fra l'altro, é stata pensata per essere godibile anche da neofiti dell'interactive fiction, pur senza assolutamente deludere i veterani. Quindi, oltre alla difficoltà moderata, ha un alto grado di intuitività, due diversi livelli di difficoltà (e nelle prime fasi del gioco il livello di difficoltà può cambiare automaticamente a seconda delle azioni del giocatore), un menù di aiuto completo e esaustivo.
Infine é notevole l'uso che viene fatto della piattaforma Glulx: alla finestra principale, che contiene ovviamente il testo del gioco, si affiancano una finestra inferiore riservata al menù di aiuto e alle scelte di dialogo, e una stretta finestra laterale grafica che si modifica nel corso del gioco aiutando a costruire l'atmosfera (e contenendo anche una utilissima rosa dei venti che indica le uscite). L'aspetto globale, assolutamente non sfarzoso, si rivela estremamente elegante, dimostrando che le avventure testuali possono presentarsi bene (e si sà che per i neofiti l'aspetto conta) anche senza allontanarsi da se stesse.
Posso solo concludere invitando tutti a giocare o per lo meno provare questa avventura; certo, é in Inglese, ma vale la pena di fare qualche sforzo per gustarsi questo piccolo capolavoro. Non é mia abitudine dare voti alle avventure, ma se lo facessi non potrei non assegnare 10 a City of Secrets.

Castle of Mydor

(Roberto Grassi e Davide Centurione, 2003)

Pubblicata originariamente su Terra d'IF

Il progetto "From Hell", per coloro che non lo sapessero, nasce dall'idea di Roberto Grassi di riscrivere da zero alcune "vecchie" avventure (prevalentemente degli anni '80) rimodernandole e rivestendole a nuovo, prediligendo la produzione "minore" di quegli anni (dopotutto le avventure della Infocom sono ancora godibilissime così come sono).

Nell'ambito di questo progetto, la prima creatura che Roberto Grassi e Davide Centurione hanno deciso di ricostruire e a cui hanno deciso di dare nuova vita é "Castle of Mydor", della Mountain Valley software. L'avventura originale é un classico esempio della produzione più "bassa" di quegli anni, con tutti i difetti del caso. Tralasciando il parser elementare e le descrizioni scarne, l'ambientazione é confusa (vengono mescolati elementi tipicamente fantasy ad altri moderni), la trama é completamente inesistente, e l'unico scopo é quello di recuperare la corona e riportarla al suo posto (senza altra motivazione). Per di più, gli enigmi che il giocatore deve affrontare sono estremamente lineari, non escono mai dallo schema "prendi x – usa x", e non sono mai particolarmente ingegnosi. A questo si aggiunge la totale mancanza di png e il labirinto d'obbligo (anche se per fortuna quest'ultimo non é risolvibile con il "metodo di pollicino").
Il fatto di essere stata programmata col potente basic del Commodore 64 non aiuta quest'avventura, e le immagini "grafiche", realizzate non a pixel ma a caratteri semigrafici, sono decisamente naif. Sull'altro piatto della bilancia trovano posto soltanto una certa atmosfera e il fatto che, tutto sommato e per quei tempi, l'avventura risulta non essere completamente noiosa.

Bene, i due autori sono sempre stati perfettamente consapevoli dei numerosi difetti di "Castle of Mydor" (basta leggere la documentazione relativa al gioco, completa ed interessante), e proprio per questo sono riusciti a fare quello che non esito a definire un buon lavoro. Anzitutto sono riusciti a creare attorno all'avventura originaria una trama che, se pur non perfetta né originale, riesce a dare un senso a tutta la storia. Poi, oltre ad una corposa introduzione, hanno aggiunto al testo originale altri messaggi, molto più completi e descrittivi (tra l'altro, nel giusto spirito filologico del progetto "From Hell", sono riusciti a ben distinguere il testo originale da quello da loro creato), rendendo più "veri" sia il castello in cui si svolge la vicenda, che la storia vera e propria, e tutto questo riuscendo a mantenere e a rendere più intensa l'atmosfera del gioco originale.
Certo, molti difetti presenti nella vecchia avventura permangono, come ad esempio le stesse immagini a caratteri semigrafici della versione originale. Però, se da una parte avrei preferito una riscrittura ancora più drastica e più vicina agli standard dell'interactive fiction moderna, dall'altra mi rendo conto che una tale operazione avrebbe probabilmente snaturato il gioco, rendendolo un prodotto completamente diverso dall'originale che sarebbe sicuramente uscito dallo scopo del progetto "From Hell".

WarMage – Maghi da Guerra

(Giancarlo Niccolai, 2003)

Pubblicata originariamente su Terra d'IF

Ho finito da pochi giorni di giocare a WarMage, e giocando mi sono reso conto di trovarmi di fronte ad una delle pietre miliari della scena dell'Interactive Fiction italiana. E questo non tanto per gli (innegabili) meriti dell'avventura in se, quanto piuttosto sulla solidità dei due pilastri su cui l'avventura stessa si appoggia. Ma procediamo con ordine. WarMage ti mette nei panni di un giovane studente di magia e combattimento dell'università imperiale di Tharis che assiste al rapimento del suo insegnante e maestro; la ricerca del vostro mentore vi porterà prima alla città portuale di Tolan, e poi nel covo stesso dei rapitori, e nel corso della storia dovrete affrontare misteri e nemici confidando solo sui vostri ridotti poteri, sulla vostra scarsa abilità nel combattimento e sul vostro ingegno. Infatti il gioco, pur rimanendo fedele al concetto di Avventura Testuale, incorpora diversi elementi tipici dei giochi di ruolo (specialmente di quelli più "vecchio stile"), come i punti-vita, le statistiche di combattimento, l'esperienza (ed il conseguente aumentare di livello). Come avrete capito il tutto si svolge in una classica ambientazione fantasy. Con il dipanarsi della storia però, ci si rende presto conto di quanto sia ben dettagliato e ben costruito l'universo in cui l'avventura si svolge, si capisce che dietro a quello che vediamo c'é un "mondo" coerente e ben costruito, con la sua conformazione, le sue città, la sua storia, le sue religioni, le sue leggende, i suoi eroi. E ci si rende anche conto che quello che vediamo e incontriamo in WarMage é soltanto la punta dell'iceberg, e che l'universo narrativo é molto più vasto di ciò che ci viene mostrato. In breve tutto il lavoro che Giancarlo Niccolai ha svolto per creare il suo mondo di Pitermos ha dato i suoi frutti (e questo é il primo pilastro di cui parlavo). E ovviamente aspettiamo con curiosità altre storie ambientate in questo universo.

La trama non é originalissima, ma nemmeno banale, ben raccontata e non priva di colpi di scena. Gli ambienti sono ben descritti, e risulta facile "visualizzare" ciò che si legge. I personaggi non giocanti che si possono incontrare durante il gioco sono ben caratterizzati, specialmente il maestro Moltan, e non sono soltanto figure di cartapesta, mostri erranti (tranne un paio) o distributori di informazioni. E il tutto é ben scritto con una prosa elaborata al punto giusto, quanto basta per essere piacevole a leggersi senza essere troppo pesante.
Warmage é, per di più, un'avventura che non trascura assolutamente l'aspetto più "giocoso" degli enigmi: ce ne sono diversi, di varia difficoltà (alcuni sono veramente impegnativi), e tutti ben contestualizzati nella storia. E riescono generalmente ad offrire al giocatore una sfida non banale senza rompere la mimesi (forse fa eccezione quello che é a mio parere l'enigma più difficile del gioco, la cui presenza non mi é parsa molto giustificata). Da un punto di vista prettamente tecnico l'avventura é impeccabile, programmata in modo ottimo e quasi completamente esente da bug (ho trovato solo un'uscita sbagliata). Infatti Giancarlo Niccolai, da esperto programmatore qual é, ha creato, assieme a WarMage (o forse precedentemente) le sue "Magic & Fight System", un insieme di librerie per Inform, potenti e complete, che si occupano di gestire combattimenti, incantesimi e altro ancora. Queste librerie, che Gianfranco ha messo a disposizione di chi le vuole usare, rappresentano il secondo pilastro su cui é appoggiata WarMage.

Certo, volendo si può trovare qualche difetto anche in un gioco come WarMage, specialmente se entra in campo il gusto soggettivo. Ad esempio ho trovato spesso certe parti del gioco un pò macchinose, a causa di diversi oggetti che si chiamavano in modo simile, e il limite dell'inventario (per cui il giocatore non può portare tutto con se) si rivela sempre, per quando realistico, un ostacolo all'esperienza ludica del giocatore. Le conversazioni con i PNG sono molto curate, ma ho sentito la mancanza delle frasi pronunciate dal protagonista. E infine ho trovato un paio di enigmi leggermente troppo macchinosi. Ma sono tutti particolari che non inficiano quella che rimane un'ottima avventura.

Kazan

(Francesco Cordella, 2003)

Pubblicata originariamente su IfItalia

Ero molto curioso quando Francesco mi ha chiesto di provare le sua nuova creazione, ma devo ammettere di essere rimasto leggermente deluso, forse perchè mi aspettavo un nuovo Flamel. Forse l'errore é mio, ma il confronto tra le due opere nasce spontaneo.
Non fraintendetemi, Kazan é scritto bene, in alcuni tratti benissimo (Francesco sa usare molto bene le parole, e quando ho letto il frammento dell'Impero delle Luci ho pensato "Come vorrei averlo scritto io..."), e sia il protagonista principale che i comprimari sono ben disegnati, molto "vivi", e forse appena leggermente stereotipati.
Si respira un'atmosfera intrigante fin dalle prime battute, gli enigmi non sono male e soprattutto sono ben contestualizzati e infine il gioco é costruito e programmato bene. Ma qualcosa non funziona in tutto questo, come una ricetta che usa ottimi ingredienti ma non riesce come dovrebbe riuscire. Non mi sono ritrovato catturato dalla trama e dal mondo costruito da Francesco, come invece mi é successo con Flamel. E mi é parso che, come un meccanismo che talvolta s'inceppa, il gioco non scorresse fluido come invece scorreva Flamel.
Una delle cause, forse la principale, di ciò é da ricercarsi secondo me nel limite principale che Francesco si é utoimposto, ovvero quello dell'unico ambiente. Sarà che personalmente le avventure One-Room non mi stimolano particolarmente nè come giocatore nè come autore (e infatti spero che il prossimo concorsino abbia un altro tema), e sento molto la mancanza della parte esplorativa e della mappetta su carta, ma trovo insoddifacente il "respiro corto" che hanno le avventure di questo genere, e Kazan non fa eccezione.
Riassumendo, Kazan é una discreta avventura, ma poteva essere molto meglio.

Una nota a parte merita il finale: l'idea del cambiamento di personaggio, con ogni personaggio che é convinto di essere il vincitore, é geniale, ma a mio parere manca anch'essa del giusto respiro ed é sfruttata solo a metà; avrei preferito un maggior numero di "personaggi interpretati" (almeno uno di più, la donna), prima dell'ultima scena finale.

Il Mistero di Rocca Ventosa

(Lorenzo Carnevale, 2002)

Pubblicata originariamente su IfItalia

Quest'avventura inizia sotto i migliori auspici. La narrazione (in certi tratti) in prima persona, con un aspetto da "diario", l'idea di usare due giovani restauratori come protagonisti, l'ambientazione in un piccolo borgo, tutto prometteva molto bene.
Poi vengono fuori un po' di difettucci: lo stile é tutt'altro che impeccabile (la narrazione cambia dalla prima alla seconda persona, e credo che in versioni successive invece si fermi su di una canonica seconda persona per tutta l'avventura), alcuni indizi intriganti e promettenti (come quello del quadro) rimangono sterili e fini a stessi, c'é qualche piccolo errore di programmazione e nella successione degli eventi, e almeno un enigma non é troppo "onesto".
Aggiongo che personalmente resto generalmente insoddisfatto del parser e della gestione del mondo delle avventure scritte in basic e con il modulo base.

Poi la storia tiene (non sarà il massimo dell'originalità ma la trama é carina), ci sono buone idee (il doppio aspetto del borgo, il finale), ed é abbastanza divertente a giocarci. E l'aspetto grottesco della vicenda é estremamente godibile.
Insomma l'avventura non é assolutamente malvagia, ma poteva essere molto, molto migliore. Probabilmente una versione del "Mistero" fortemente rivista e corretta (riscritta in inform, tutta in prima persona, con una buona gestione dei png, gli indizi, specialmente l'affresco, che risultano veramente utili, e magari un po' di ricerche librarie) potrebbe entrare nel ristretto novero delle mie avventure preferite. Peccato...

La Casa del Mistero

(Massimiliano Pinna, 2002)

Pubblicata originariamente su IfItalia

Quest'avventura é ben pensata, con enigmi solidi, di giusta difficoltà, che possono divertire e stimolare il giocatore. Un bel tuffo nel passato, ai tempi di Pirate Island (di Scott Adams) o, per restare fra di noi, di Avventura nel Castello (di Enrico Colombini).
Descrizioni scarne, parser elementare, e una trama narrativa situata molto in secondo piano rispetto all'aspetto enigmistico. Personalmente non ritengo positive queste caratteristiche, ma l'aria estremamente retrò che ne deriva potrebbe essere ritenuta talvolta piacevole, specialmente aggiungendoci oggetti distinti solo dal colore (un classico delle avventure di vecchio stampo), molte "aringhe rosse" e comandi "disonesti" (ho odiato il dover usare "guarda" per avere maggiori informazioni sulla stanza, una cosa che non trovavo più dai tempi delle avventure della Ocean).

L'unico problema é che di questi "tuffi nel passato" ne é pieno il panorama italiano, che invece scarseggia, secondo il mio parere, di avventure più "moderne", più narrative, più complete, o, volendo, più "in stile infocom".
Ovviamente questo é il mio parere; se invece vi appassiona questa concezione di avventura, allora "La Casa del Mistero" é sicuramente un prodotto valido.

Pytho's Mask

(Emily Short, 2001)

Pubblicata originariamente su IfItalia

"Pytho's Mask" é un'avventura (in inglese) medio-piccola e discretamente facile. L'ambientazione potrebbe essere definita fantasy, o forse "rinascimentale con elementi fantastici"; ci sono tanti piccoli particolari "strani" (come l'inquietante figura dell'androgino) nel mondo in cui la storia si svolge, particolari (spesso superflui alla storia) che la Short riesce a far scoprire al giocatore poco a poco, in un modo che riesce ben presto ad intrigarlo. L'azione si svolge quasi unicamente durante una festa danzante, nel corso della quale la protagonista dovrà svolgere le sue indagini prevalentemente interagendo con i vari invitati. La trama é particolarmente ricca e interessante per un'avventura così breve, e l'investigazione non é banale; per contro alcuni elementi della trama sono "piacevolmente" prevedibili, come spesso é nel genere "cappa e spada" tanto caro all'autrice. Inoltre la quasi totale mancanza di enigmi classici rende il gioco fluido quanto un romanzo, pur senza dare l'impressione di essere poco interattivo.
Merita secondo me particolare nota il sistema di conversazione con in personaggi non giocanti: é un tradizionale sistema a scelte multiple, che però non interrompe il normale svolgersi del gioco: durante un dialogo é possibile, ad esempio, esaminare un oggetto o fare altre azioni. Inoltre c'é la possibilità di indicare l'argomento di cui si vuole parlare, cambiando in questo modo le scelte di dialogo. Ci si abitua prestissimo a questo sistema, che risulta ben presto facile e leggero da usare, pur offrendo uno spessore che non fa assolutamente rimpiangere il vecchio "parla a tizio di...".

Insomma, riassumendo, é un'avventura consigliatissima a chiunque apprezzi le buone trame e l'interazione con i png; certo, potrebbe lasciare un po' perplessi gli amanti delle avventure "tutte enigmi e niente trama", ma non si può avere tutto dalla vita...

Flamel

(Francesco Cordella, 2001)

Pubblicata originariamente su it.comp.giochi.avventure.testuali

L'avventura mi é piaciuta molto, bell'ambientazione, belle descrizioni, bei personaggi, bell'atmosfera... ti tiene incollato alla sedia...
Troppo facile? Forse, ma va bene così, per un avventura fortemente narrativa come Flamel... gli "enigmi" sono tutti funzionali alla trama, non si rimane mai bloccati troppo a lungo e ci si gode la trama fino in fondo senza troppa frustrazione. Poi a me non piacciono troppo le avventure orientate al problem-solving.
Insomma, ritengo Flamel consigliabilissima, e una delle migliori avventure del panorama I.F. Italiano.

Se proprio bisogna trovargli una pecca, ammetto che la fine mi ha lasciato un po' di amaro in bocca, mi é sembrata un po' semplicistica... Francesco ha costruito un castello narrativo notevole, mi sono chiesto per tutta l'avventura cosa stava accadendo e quale spiegazione ci poteva essere dietro, e alla fine la montagna ha partorito un topolino... E il topolino non é nemmeno troppo originale... Oltre a "The Game" mi viene in mente anche "Fascination", vecchia avventura grafica statica della Coktel, che aveva la stessa fine. E forse ci sono altri precedenti...
È come se Francesco non avesse trovato un modo migliore per risolvere la trama... Comunque rimane veramente ottima, grazie e ancora complimenti, Francesco.